Chi apostrofa la primavera come stagione maledetta che irrompe con troppa fretta probabilmente lo fa perché sa che la stagione del risveglio della natura (e degli ormoni) lo costringerà a uno sforzo di volontà titanico: ritrovare in poco tempo la forma fisica smaltendo i chili accumulati in inverno, per non patire imbarazzi quando verrà il momento della prova costume. Da marzo in avanti l’imperativo è: perdere peso, ridurre la massa grassa! Ma un momento: cosa significa davvero “dimagrire”? La vera battaglia da combattere è quella contro il peso o la massa?
Una moderna bilancia impedenziometrica, a meno che lo schermo non impazzisca mostrando un improbabile 888.8, vi segnalerà, oltre a un certo numero di chilogrammi, anche un secondo valore che potrebbe influire sul vostro umore del giorno. Si tratta della percentuale di massa grassa del corpo, ovvero del famigerato adipe che si è accumulato sottopelle e che ora va smaltito.
Come è possibile che, semplicemente salendoci sopra, la bilancia sputi fuori questa sentenza come se fosse in grado di guardare all’interno del nostro corpo? In un certo senso è proprio quello che fa, sfruttando il fatto che il corpo umano conduce la corrente elettrica. La superficie su cui appoggiamo i piedi — che devono essere nudi come il resto del corpo, altrimenti la misura è falsata — è costituita da piccoli elettrodi che sono mantenuti a una certa differenza di potenziale. Il nostro corpo è costituito in massima parte da acqua al cui interno sono disciolti ioni, ovvero molecole dotate di carica elettrica; a causa della tensione applicata, gli ioni sono spinti da una forza elettrica a muoversi in modo ordinato: si aprono una via attraverso i tessuti e fluiscono con l’elettrodo a potenziale maggiore fino all’altra estremità. Conoscendo la differenza di potenziale applicata e misurando la corrente che fluisce di conseguenza — che è comunque molto piccola e dunque innocua — si può risalire alla resistenza elettrica che il corpo oppone al passaggio della corrente. Ed ecco il trucco: questa resistenza è proporzionale alla quantità di grassi, che sono conduttori peggiori rispetto all’acqua e agli altri tessuti.
Attraverso un algoritmo di calcolo la misura diretta è tradotta nell’indice percentuale di massa grassa, ma il valore segnalato dalla bilancia va preso con le molle per via di diverse possibili cause di errore. Un primo errore sistematico è dovuto al fatto che la corrente attraversa solo le gambe e la parte inferiore del busto, perciò l’algoritmo valuta la percentuale di grasso sulla base di dati limitati a una sola parte del corpo, e nell’ipotesi che la massa muscolare sia uniformemente distribuita tanto nelle gambe quanto nelle braccia e nel busto. Tuttavia, se per esempio siete sportivi dediti alla corsa o al ciclismo, e dunque avete sviluppato soprattutto la muscolatura degli arti inferiori, allora vi discostate notevolmente dal modello della bilancia e la misura del vostro indice di massa grassa può essere affetta da un errore fino al 50%. E possibile poi che la corrente alteri il suo percorso interpretando il nostro corpo come un conduttore del tutto differente da quello atteso nel modello, in base allo stato corporeo di disidratazione o di superidratazione, con oscillazioni dal valore vero anche del 20%. Infine, l’algoritmo impostato per il calcolo dell’indice prevede anche una determinata forma del corpo, che può essere molto distante da quella dei singoli individui.
Non pensate però di avere buttato via dei soldi per uno strumento del tutto inattendibile: a prescindere dall’errore, la bilancia diventa affidabile se non pretendete di conoscere esattamente il valore assoluto della vostra massa grassa, bensì volete monitorarne le variazioni relative. Allora il suo responso diventa credibile, a patto che abbiate cura di pesarvi in condizioni costanti, per esempio al mattino a digiuno, in modo che gli eventuali errori sistematici incidano sempre nella stessa direzione.
In questa lunga digressione sulle bilance impedenziome-triche non abbiamo ancora sciolto il nodo legato al significato del numero principale fornito dal display, che poi equivale a quello indicato dall’ago di un vecchio modello analogico: per farlo occorre dissipare ogni ombra attorno a due concetti che in fisica sono nettamente distinti, ma che il linguaggio e l’uso comune confondono tra loro.
Rispondete a bruciapelo: quando salite sulla bilancia ottenete il vostro peso o la vostra massa? La risposta esatta è: dipende. Dalla bilancia.
Tanto con la bilancia elettronica quanto con quella analogica ottenete una misura di peso; al contrario, su una stadera (una bilancia in cui, per effettuare la misura, dovete spostare uno o più contrappesi fino a equilibrare un braccio meccanico su cui è riportata la scala graduata) misurate la massa. Prima di protestare sostenendo che questo tipo di bilancia è obsoleto, fate visita al vostro medico di famiglia e osservate per bene il suo studio: non faticherete a trovarne un esemplare in ottimo stato di conservazione.
Ma allora qual è la differenza tra massa e peso? Ai fini pratici quasi nessuna, tanto che nella vita quotidiana non riserviamo alcuna attenzione alla massa, compriamo i cibi a peso e, se dobbiamo fare un trasloco, ci lamentiamo di quanto un mobile sia “pesante” invece che “massivo”… La differenza però esiste e conoscerla può aiutarci a considerare con un po’ di leggerezza in più la pretesa di dimagrire.
La massa di un corpo è un indicatore della quantità di materia in esso contenuta, ovvero è una grandezza che dipende dal numero di atomi che lo compongono. Per misurarla si utilizza una bilancia a bracci uguali: questo strumento, noto già nell’antico Egitto dal 3500 a.C. e perfezionato dai Romani, nella nostra cultura si è guadagnato una certa notorietà come icona per rappresentare l’idea di giustizia (nonché per raffigurare il segno zodiacale della Bilancia). All’estremità di ciascuno dei due bracci sono appesi due piatti identici: su uno si pone il corpo da misurare e sull’altro tante masse campione di valore noto. Oppure si può utilizzare una bilancia a bracci diseguali, come quella del vostro medico, il cui principio è sempre equilibrare una leva in cui alle estremità dei bracci sono appesi il corpo da misurare e un contrappeso.
Pur essendo una grandezza fisica diversa, per misurare una massa si sfrutta il concetto di peso, che in fisica è una forza: quella con cui ognuno di noi si sente irrimediabilmente spinto verso il basso, o la stessa che un oggetto che teniamo nel palmo della mano esercita sul nostro arto. La forza peso è generata dalla presenza di una massa: è l’espressione della forza gravitazionale con la quale il pianeta su cui viviamo, la Terra, attrae verso il suo centro ogni corpo che si trovi in prossimità della sua superficie. Quantitativamente la forza peso è esprimibile come prodotto tra la massa di un corpo e l’accelerazione con cui questo precipita in caduta libera verso terra, se liberato da qualunque sostegno lo tenga fermo: non a caso questa accelerazione è detta di gravità e indicata con il simbolo g.
Le comuni bilance misurano il peso perché assegnano un valore numerico valutando quale forza uguale e contraria è necessaria per controbilanciare quella di gravità, e dunque sostenere il corpo. Le bilance analogiche misurano questa intensità in base alla deformazione di una molla, ovvero a una forza elastica di richiamo. Quelle digitali invece traducono in segnale elettrico la deformazione a cui sono soggette diverse celle di carico: si tratta di elementi formati da cristalli piezoelettrici che, se costretti a cambiare forma a seguito di una sollecitazione, instaurano alle loro estremità una piccola differenza di potenziale elettrico.